Dante 1481
Dante 1481
La stampa della Comedia 1481
Il Comento di Christophoro Landino fiorentino sopra la Comedia di Danthe, impresso a Firenze da Niccolò di Lorenzo della Magna, terminato il 30 agosto 1481, come riportato nel colophon, è un’edizione in folio, stampata su carta Royal importata da Fabriano, costituita da 372 carte, illustrata con vignette ispirate dalla Comedia, disegnate da Sandro Botticelli e incise su rame da Baccio Baldini.
Le incisioni dovevano accompagnare ciascuno dei 99 canti delle Tre Cantiche, ed essere stampate con il testo. Di queste però, solo 19 in totale furono eseguite, di cui solo le prime 2/3 (in alcune copie è ripetuta l’incisione del Canto II prima dell’inizio del Canto III) furono inserite nella pagina tipografica, mentre le restanti 17 furono stampate su fogli separati, ritagliate e incollate. Non su tutte le copie però, infatti come si vedrà nella parte dedicata alle incisioni, ci sono esemplari anche con nessuna illustrazione.
Di questa edizione è stata trovata da Lorenz Böninger nell’Archivio di Stato di Firenze una copia del Contratto originale. Fonte che riporta il nome e la funzione dei soggetti coinvolti nell’impresa, il numero di tirature, il ritmo di lavoro, le regole che dovevano essere seguite, sia nella produzione, che nella commercializzazione.
In essa si legge che il 24 dicembre 1480
“lo egregio doctore in iure civili messer Cristofano di Bartholomeo Landini et lo expectabile huomo Bernardo d’Antonio di Ricciardo degli Alberti (cugino ed erede di Leon Battista Alberti ) et maestro Nicolò di Lorenzo della Magna impressore del popolo di Sancto Ambrogio di Firenze si sono convenuti et hanno fatto compagnia ha imprimere le tre Comedie di Dante chol chomento nuovamente composto dal soprascripto messer Cristofano”.
Il contratto prevedeva:
- rigide condizioni al fine di tutelare il lavoro del Landino, quasi una tutela della proprietà intellettuale;
- il Landino si impegnava a consegnare al tipografo Niccolò di Lorenzo via via tutte le parti del testo da stampare e/o a correggere le prove di stampa;
- il tipografo si impegnava a stampare ‘le tre Comedie’ (cioè l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso) contemporaneamente su tre presse separate, ‘una carta per dì per istrectoio (torchio) per insino alla somma di tre strectoi che fieno ogni dì tre carthe’. Non solo, come dimostrato da Neil Harris, i torchi usati da Niccolò di Lorenzo per il Dante erano ancora i cosiddetti “one-pull”, ad un colpo, con piano fisso, che potevano stampare una sola pagina per volta;
- ogni sera poi le nuove bozze dovevano essere portate a Cristoforo Landino e Bernardo degli Alberti per la correzione, e riconsegnate la mattina successiva al tipografo.
- la tiratura dell’edizione doveva essere di 1125 copie;
- Bernardo degli Alberti si impegnava a finanziare l’impresa, con il prestito, da recuperare, di “trecentosessanta fiorini larghi”;
- le copie dovevano essere vendute al prezzo di 3 fiorini ciascuna;
- tutti i guadagni derivanti dalla vendita delle copie, tolte quelle per ripianare il prestito, sarebbero stati divisi in tre parti uguali.
I disegni di Botticelli e le incisioni di Baccio Baldini
Il contratto e la commissione delle incisioni
Benché la prima edizione del Comento di Landino fosse stata pensata fin dal principio per essere illustrata, i promotori dell’impresa non concordarono fin da subito le modalità per la decorazione. Il ciclo di incisioni che avrebbe dovuto illustrare il testo dantesco, infatti, è menzionato solo di sfuggita nel contratto stipulato il 24 dicembre 1480. L’unico cenno fornito dal documento riguardo alle “storie” è che a Bernardo d’Antonio di Ricciardo degli Alberti sarebbe spettato l’onere di finanziarne la realizzazione.
Quel che si può supporre grazie al contratto è che a quell’altezza temporale non fosse stato ancora individuato un incisore a cui affidare il compito, e che questa responsabilità venne assunta in seguito dallo stampatore, Niccolò di Lorenzo della Magna.
L’intenzione, in ogni caso, doveva essere quella di fornire un ricco corredo figurativo per l’intera Comedia. Questo è reso evidente dal fatto che lo stampatore ha lasciato degli spazi vuoti in corrispondenza di ogni singolo canto, con la previsione di inserirvi le incisioni corrispondenti. In soli tre casi (i Canti XXIV e XXV del Purgatorio, il Canto XXX del Paradiso) non è stato lasciato alcuno spazio, ma verosimilmente si tratta di mancanze accidentali.
L’autore delle incisioni
Fu Giorgio Vasari (1511-1574) a tramandare che Sandro Botticelli “figurò lo Inferno e lo mise in stampa”, rendendo nota la collaborazione tra il pittore e l’incisore Baccio Baldini, che, “non avendo molto disegno, tutto quello che fece fu con invenzione e disegno di Sandro Botticello”. La maggior parte degli studiosi concorda nel collegare queste parole di Vasari all’impresa dell’illustrazione dell’edizione del Comento landiniano. Secondo questa versione, dunque, a Botticelli spetterebbe la produzione dei disegni, sulla base dei quali Baldini avrebbe poi inciso le lastre in rame.
L’attribuzione a Botticelli del disegno delle incisioni dell’edizione del 1481 è rafforzata dalla loro vicinanza al ciclo di disegni conservati tra il Kupferstichkabinett di Berlino e la Biblioteca Apostolica Vaticana. I due cicli hanno innegabili affinità compositive e iconografiche, sebbene lo stile delle incisioni sia decisamente più arcaicizzante. Heinrich Schulze Altcappenberg, notando il carattere disomogeneo delle incisioni, ha ipotizzato che Baldini non abbia lavorato propriamente sugli abbozzi finali di Botticelli, ma piuttosto su una raccolta disorganica di materiale di studio e magari alcuni schizzi in stilo. Questo procedimento si sarebbe reso necessario allorché Botticelli non si trovava a Firenze perché impegnato in altre commissioni.
Un’altra possibilità, proposta da Alessandra Baroni, è che l’intera impresa sia da attribuire a Baccio Baldini. La studiosa, non convinta dalla distanza stilistica tra i due cicli, ammette la possibilità che Baldini abbia avuto a disposizione i disegni di Botticelli, ma ritiene che la vicinanza tra le incisioni e i disegni sia da imputarsi più che altro all’utilizzo di fonti comuni. Baroni vede nella serie di bulini (incisione su rame) una maggiore affinità con la tradizione dei manoscritti illustrati a Firenze nel XIV e del XV secolo, e pensa che sia Baldini che Botticelli possano essere stati influenzati dalle opere trecentesche fiorentine già derivate dalla Comedia.
L’arco cronologico entro il quale l’impresa è stata portata avanti è abbastanza condiviso dalla critica. Il lavoro sulle incisioni cominciò probabilmente poco dopo l’inizio del 1481. Una lettera allegata alla copia di dedica a Bernardo Bembo, datata al 1484, testimonia che in quel momento erano stati realizzati i bulini per i primi due Canti, e che in alcune copie il bulino per il Canto II era stato ripetuto. Dato che non si può pensare che a Bembo fosse stata inviata una copia incompleta, si deve pensare che nel 1484 si fosse abbandonato il progetto di illustrare l’intero poema. Solo successivamente si proseguì nell’incisione delle altre 17 illustrazioni, che vennero applicate negli spazi bianchi. La produzione delle incisioni si dovette interrompere entro il 1487, anno che vide la morte di Baccio Baldini e, soprattutto, la stampa di una nuova edizione della Comedia, impressa a Brescia da Bonino Bonini. Questa edizione è corredata di 68 xilografie che, per riferimenti iconografici, presuppongono lo studio dei 19 bulini di Baldini.
Il processo di stampa e le complicazioni
A Niccolò della Magna e a Baccio Baldini si deve l’introduzione a Firenze della tecnica del bulino, ovvero dell’incisione sulla lastra di rame, ancor prima dell’avvento della xilografia (incisione su legno).
Il tipografo, evidentemente ancora in fase di sperimentazione, avviò la stampa delle illustrazioni adottando un procedimento piuttosto inconsueto. La matrice in rame venne impressa direttamente sulla pagina tipografica, occupando lo spazio vuoto assegnatole. Questa tecnica era stata impiegata solo un’altra volta in passato, anche in quest’occasione per alcune incisioni attribuite a Baldini e stampate nella bottega di Niccolò: si tratta delle tre tavole del Monte Sancto di Dio di Antonio Bettini da Siena, edito nel 1477 (GW 2204; ISTC ia00886000).
La scelta di imprimere il bulino sulla pagina tipografica presentava alcune problematiche. Innanzitutto, era necessario considerare la diversa resistenza della pagina composta in piombo e della lastra di rame, che reagivano in modo diverso ai colpi della platina, obbligando il tipografo a passare due volte la pagina sotto il torchio.
Il vigore della pagina era messo ulteriormente alla prova dal fatto che, perché l’inchiostro calcografico aderisse al meglio, il foglio con il testo doveva essere inumidito.
In aggiunta, la scelta di stampare su un foglio già pronto non ammetteva rifacimenti nel caso di uno scorretto posizionamento della lastra. Nel caso del Comento, infatti, non è infrequente che le prime due incisioni siano storte o, in un caso (Oxford, Bodleian Library), sottosopra.
Dopo aver stampato le prime due incisioni (in rari casi anche la terza) con questo procedimento, Niccolò non dovette essere soddisfatto dell’esito. L’insoddisfazione è peraltro testimoniata dal fatto che la copia in pergamena presentata alla Signoria fiorentina, oggi alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, non contiene alcuna incisione. Le difficoltà tecniche determinarono certamente un rallentamento dell’impresa, oltre che una spaccatura cronologica: mentre la stampa del libro continuò, l’inserimento delle incisioni si fermò alle prime due o tre.
Le illustrazioni per i 17 Canti successivi vennero stampate su fogli separati, che talvolta vennero incollati negli spazi bianchi corrispondenti.
L’interruzione della stampa delle incisioni
Come accennato sopra, il ciclo di illustrazioni del Comento si interruppe al Canto XIX, nonostante fosse stato immaginato molto più ampio. Le motivazioni di tale scelta non sono note, ma è possibile fare qualche ipotesi.
La prima è che la serie sia stata interrotta a causa di difficoltà economiche incontrate dallo stampatore. Le menzioni documentarie di Niccolò della Magna, infatti, si rarefanno in seguito alla stampa del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti (1485) e dei Moralia di San Gregorio Magno (1486), in un periodo in cui Piero Scapecchi ritiene che il tipografo fu costretto a cessare la propria attività a causa dei debiti.
Un’altra spiegazione verosimile è che l’interruzione sia da imputarsi alla lenta fornitura delle incisioni. Ad avvalorare l’idea di un procedimento lento vi è il fatto che, mentre le prime due incisioni furono impresse con un inchiostro marrone, le altre hanno varie colorazioni. Questo dettaglio suggerisce che vi furono intervalli nell’esecuzione, che forse si dilatò fino al 1487. Come già accennato, in questa data Bonino Bonini pubblicò un’edizione illustrata della Comedia, che si aggiunse a quella stampata a Venezia da Ottaviano Scoto (1484) con solo iniziali illustrate. La concorrenza imposta da queste due nuove iniziative rendeva ormai svantaggioso continuare ad investire nell’edizione del 1481. In aggiunta a questo fatto, è importante ricordare che Baccio Baldini morì nel 1487, lasciando la serie incompleta.
Gli stati delle incisioni e la classificazione di Hind
Tutti i bulini, ad eccezione dei primi due, appaiono in due stati. Il secondo stato è caratterizzato dall’aggiunta di una numerazione araba, oltre che dalla presenza di una variante dell’incisione per il Canto III.
La variante della terza incisione sembrerebbe contemporanea al resto del ciclo, quindi potrebbe essere una versione alternativa disegnata dallo stesso autore. Vi è però un che di arido nella sua qualità, elemento che ha lasciato nella critica una certa incertezza. Non è da escludere, dunque, che possa essere stata incisa da un artigiano diverso da Baccio Baldini.
La presenza di due stati apre un possibile scenario per la fase successiva della storia delle illustrazioni, suggerita da Alessandra Baroni. Visto il declino dell’attività di Niccolò della Magna intorno al 1486, è ipotizzabile che le 19 lastre fossero già complete intorno a quella data e, a causa della cessazione dell’attività o della morte dello stampatore, siano passate nelle mani di un altro tipografo. In questa occasione avrebbero ricevuto una nuova numerazione e sarebbero state vendute separatamente per essere incollate negli spazi vuoti dei volumi già rilegati.
Vista la vicenda travagliata di quest’edizione e il diverso numero di incisioni contenuto in ogni copia, Arthur M. Hind, Keeper of the Department of Prints and Drawings del British Museum di Londra, ha elaborato uno schema di classificazione per descrivere la condizione di ogni esemplare.
La prima categoria, che è di gran lunga la più frequente, contiene le incisioni dei Canti I e II, impresse direttamente sul foglio tipografico.
La seconda categoria contiene le incisioni dei Canti I e II, oltre a una ripetizione dell’incisione del Canto II prima dell’inizio del Canto III. Tutte e tre sono impresse direttamente sul foglio tipografico.
La terza categoria contiene le incisioni dei Canto I, II e III impresse direttamente sul foglio. Questa variante è presente solo negli esemplari con la serie di incisioni completa.
La quarta categoria contiene tutte e 19 le illustrazioni, talvolta con il secondo stato dell’incisione del Canto III. Le stampe sono incollate al foglio tipografico, ad eccezione di quelle descritte nelle prime tre categorie.
La quinta categoria contiene un numero di incisioni maggiore di 3 ma minore di 19. Quelle dei Canti I e II (e talvolta III) sono impresse direttamente sul foglio tipografico, le successive sono incollate.
La copia conservata alla John Rylands University Library è l’unica a contenere 20 incisioni, perché alla serie completa è stata aggiunta una seconda copia dell’incisione del Canto III.
Chi furono gli acquirenti e i lettori della Comedia?
Delle 1125 copie stampate ne sopravvivono oggi 180, il 16%. Una sopravvivenza al di sopra della media, sicuramente dovuta al grande formato, alla fama dell’autore, e alle illustrazioni.
L’esame di tutti gli esemplari, oggi conservati in 135 biblioteche fra Giappone, Europa, Stati Uniti e Brasile, ci ha permesso di ricostruire la storia della circolazione e dell’uso durante i primi 100 anni dalla stampa, e il successivo interesse da parte dei collezionisti di tutto il mondo.
Ma all’inizio si trattò di un’impresa con una distribuzione quasi esclusivamente locale, fiorentina e Toscana.
Da documenti risulta che non poche copie restarono invendute e che in un caso, nel 1496, 140 volumi furono acquistati per soltanto 1 fiorino. Un esemplare di questo gruppo potrebbe essere la copia che si conserva nella collezione Roberto Ridolfi di Firenze, con nota “Questo libro e di Benedetto di Mariano [Tempi] chello comp(er)o a di XXIIII dottobre 1496 F uno”. Tale svalutazione si può spiegare con l’arrivo sul mercato italiano di altre edizioni, più competitive nel prezzo e anche più complete nell’illustrazione e nella correttezza del testo.
Nonostante la continua e rinnovata produzione tipografica, fu comunque un’edizione le cui copie, conservate nei magazzini dei librai, continuarono ad essere vendute per lungo tempo.
Dopo la morte di Niccolò di Lorenzo, dopo il 1485, le copie non vendute e rimaste in magazzino è possibile che si disperdessero e passassero in parte ai più forti librai fiorentini tra XV e XVI secolo, i Giunti, che ancora le avevano nei loro depositi nel 1604. Fu questa un’edizione che si vendette dunque per almeno 135 anni e oltre, la qual cosa può spiegare i problemi che nell’immediato causò dal punto di vista commerciale.
La stampa a Firenze nel Quattrocento
Firenze occupa in Italia il quarto posto per numero di edizioni stampate nel Quattrocento (=incunaboli), dopo Venezia, Roma, Milano. Ad oggi ci rimangono 892 edizioni, contro le 3786 di Venezia, le 2096 di Roma e le 1141 di Milano (Incunabula Short Title Catalogue). Bisogna però precisare che è molto difficile per questa città fissare un numero certo di edizioni, per vari fattori. Molte sono le edizioni stampate senza nome del tipografo e senza data e la loro identificazione è resa ardua a causa dei caratteri tipografici usati per lungo tempo e del frequente passaggio in mani diverse sia del materiale illustrativo, che tipografico.
I titoli in volgare costituiscono per lo meno il 77% della produzione superstite, contro il 32% della percentuale della sopravvivenza delle edizioni in lingua vernacola su tutta la produzione a stampa esistente del Quattrocento, circa 28,500 edizioni. Il dato si spiega con la consapevolezza che non si è in grado di produrre per l’esportazione e occorre accontentarsi del consumo locale (Trovato p. 58), peraltro molto elevato soprattutto quello della produzione a basso costo e di largo consumo. Ricordiamo per esempio la produzione delle suore di San Jacopo a Ripoli, opere devozionali e di letteratura popolare distribuite dai cartolai e saltimbanchi della città, edizioni oggi perlopiù perdute (Conway). Inoltre, se si guarda al numero delle carte di ogni edizione, le edizioni che constano di più di 200 carte sono solo 24. Poche anche quelle con oltre 100 carte. Per il 70% si tratta di edizioni con meno di 52 carte e di queste ben 320 sono libriccini da 2 a 12 carte: pronostici per l’anno nuovo, estratti da poemi in volgare, testi di devozione come le sacre rappresentazioni e le prediche di Savonarola.
Cosa si stampava a Firenze nel Quattrocento
Firenze pubblica poco di poeti latini, nulla di testi giuridici di ius canonicum e ius civile, nessuna Bibbia, mentre primeggia nelle sacre rappresentazioni spesso riccamente illustrate.
Si ricorda che quando nel 1476, quindi qualche anno prima della stampa della Comedia, gli Strozzi vogliono stampare la Storia naturale di Plinio tradotta in italiano pure da Cristoforo Landino, commissionano l’esperto tipografo veneziano Nicolas Jenson, e il risultato è spettacolare (Edler de Roover). Alla Biblioteca Bodleiana di Oxford si conserva ancora l’esemplare di Filippo Strozzi, miniato dagli artisti fiorentini Gherardo e Monte di Giovanni di Miniato.
Per quanto riguarda gli autori messi a stampa, si trovano Boccaccio, Petrarca, Domenico Cavalca, i Pulci, Cristoforo Landino, Angelo Poliziano, ma è Girolamo Savonarola il più stampato a Firenze nel Quattrocento, con 118 edizioni. Verso la fine del secolo sono pubblicate anche 13 opere in Greco.
Delle opere di Dante Alighieri risultano solo due edizioni (oppure dieci se si includono le otto edizioni del Credo che erano allora a lui comunemente attribuite), la prima edizione del Convivio del 1490 e la Divina Commedia del 1481. Quest’ultima è l’ottava edizione in ordine di tempo, preceduta dalla princeps di Foligno del 1472, da una di Mantova, tre di Venezia, una di Milano e una di Napoli.
Perché Dante non si stampa subito a Firenze
Sicuramente ha influito l’aspra polemica di Dante contro la città di Firenze, che si ritrova nelle tre Cantiche del Poema:
Nel Canto XV dell’Inferno per bocca di Brunetto Latini (versi 61-78):
Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno, 63
ti si farà, per tuo ben far, nimico:
ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
si disconvien fruttare al dolce fico. 66
Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
gent’è avara, invidiosa e superba:
dai lor costumi fa che tu ti forbi. 69
La tua fortuna tanto onor ti serba,
che l’una parte e l’altra avranno fame
di te; ma lungi fia dal becco l’erba. 72
Faccian le bestie fiesolane strame
di lor medesme, e non tocchin la pianta,
s’alcuna surge ancora in lor letame, 75
in cui riviva la sementa santa
di que’ Roman che vi rimaser quando
fu fatto il nido di malizia tanta». 78
o nel canto XXVI:
Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande,
che per mare e per terra batti l’ali,
e per lo ’nferno tuo nome si spande! 3
Tra li ladron trovai cinque cotali
tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
e tu in grande orranza non ne sali. 6
Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai di qua da picciol tempo
di quel che Prato, non ch’altri, t’agogna. 9
E se già fosse, non saria per tempo.
Così foss’ei, da che pur esser dee!
ché più mi graverà, com’più m’attempo. 12
Dante subirà l’esilio e non tornerà più a Firenze, neanche da morto, ricevendo sepoltura a Ravenna.
Il Dante con commento del Landino, Firenze 1481
Il commento di Cristoforo Landino si innesta in un filone iniziato nel secondo Quattrocento, volto al culto della figura di Dante, unitamente all’apologia di Firenze e ad un orientamento filo-mediceo.
Landino vuole rivendicare con Dante e per Dante la tradizione letteraria e civile di Firenze, espressa nella solenne e insieme risentita dedica ai Signori della città, premessa al testo e al commento, e nella lunga Apologia nella quale si difende “Danthe et Florentia da falsi calumniatori ” e in cui s’illustrano i Fiorentini eccellenti in dottrina, eloquenza, musica, pittura e scultura, giurisprudenza, mercatura. Tutto ciò rafforzato dall’inserimento nell’edizione fiorentina del breve testo di Marsilio Ficino promotore del ritorno di Dante a Firenze, inserito dal Landino all’interno del Proemio al suo commento. Testo del Ficino presentato prima in latino e a seguire in volgare, “specchio di una scelta culturale, e che ben si colloca all’interno del Proemio landiniano, dedicato com’è all’esaltazione della cultura toscana e in particolare fiorentina” (S. Gentile, 2001, p. 114-118).
Dall’edizione del 1481, in una Firenze in cui la Comedia non era stata ancora stampata, né era stata autorevolmente commentata dopo la rinuncia e scomparsa del Boccaccio, l’esegesi del Landino predominerà per tutto il Quattrocento. Delle 15 edizioni della Comedia, infatti, 7 sono con il Commento del Landino. Quattordici furono complessivamente le ristampe nel tardo Quattrocento e nel Cinquecento, di cui 13 veneziane e una bresciana, per una tiratura stimata approssimativamente in 10.000 copie. Come è stato detto, “leggere Dante nel Cinquecento, significava leggerlo con gli occhi del Landino”. Fortuna che continuerà anche nel Seicento (S. Gilson).
Bibliografia
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Melissa Conway, The Diario of the Printing Press of San Jacopo di Ripoli 1476-1484. Commentary and transcription, Storia della tipografia e del commercio librario, 4 (Firenze, Olschki, 1999)
Carlo Dionisotti, ‘Landino, Cristoforo’, in Enciclopedia Dantesca (1970), in Enciclopedia Italiana
Florence Edler de Roover, ‘Come furono stampati a Venezia tre dei primi libri in volgare’, Bibliofilia, 55 (1953), pp. 107-17
Simon A. Gilson, ‘La fortuna del Comento landiniano nel Cinquecento: lettori e commentatori danteschi’, in Per Cristoforo Landino lettore di Dante: il contesto civile e culturale, la storia tipografica e la fortuna del Comento sopra la Comedia. Atti del convegno internazionale, Firenze 7-8 novembre 2014, a cura di Lorenz Böninger e Paolo Procaccioli (Firenze, Casa editrice Le Lettere, 2016), pp. 175-194
Neil Harris, Recensione a Per Cristoforo Landino lettore di Dante: il contesto civile e culturale, la storia tipografica e la fortuna del Comento sopra la Comedia. Atti del convegno internazionale, Firenze 7-8 novembre 2014, a cura di Lorenz Böninger e Paolo Procaccioli (Firenze, Casa editrice Le Lettere, 2016), in The Library 20 (giugno 2019), pp. 246-248
Arthur M. Hind, Early Italian Engraving. A critical catalogue with complete reproduction of all the prints described (Nendeln, Kraus Reprint, 1970), pp. 100-107
Peter Keller, ‘Die Kupferstiche zur Ausgabe der «Göttlichen Komödie» von 1481’, in Sandro Botticelli Der Bildenzyclus zu Dantes Göttlicher Komödie (London, Royal Academy of Arts, 2000), pp. 326-333
Cristoforo Landino, Comento sopra la Comedia, a cura di Paolo Procaccioli (Roma, Salerno, 2001)
Elisa Squicciarini, ‘Il commento di Landino alla Commedia: l’edizione Marchiò Sessa e le annotazioni del Tasso’, in Natura Società Letteratura, Atti del XXII Congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti, Bologna, 13-15 settembre 2018, a cura di Andrea Campana e Fabio Giunta (Roma, Adi editore, 2020)
Piero Scapecchi, ‘Cristoforo Landino, Niccolò di Lorenzo e la Commedia’, in Sandro Botticelli. Pittore della Divina Commedia, catalogo della mostra (Roma) (Ginevra, Skira, 2000), I, pp. 44-47
Piero Scapecchi, ‘Esemplari conservati della Comedia impressa da Nicolò di Lorenzo (1481)’, in Per Cristoforo Landino lettore di Dante: il contesto civile e culturale, la storia tipografica e la fortuna del Comento sopra la Comedia. Atti del convegno internazionale, Firenze 7-8 novembre 2014, a cura di Lorenz Böninger e Paolo Procaccioli (Firenze, Casa editrice Le Lettere, 2016), pp. 195-199
The Divine Comedy of Dante Alighieri: Inferno, a cura di Robert M. Durling (Oxford University Press USA – OSO, 1996)
Paolo Trovato, ‘Il libro in Toscana nell’età di Lorenzo’, in id., L’ordine dei tipografi. Lettori, stampatori, correttori tra Quattrocento e Cinquecento (Roma, Bulzoni, 1998), pp. 49-89
Barbara J. Watts, ‘Sandro Botticelli’s Drawings for Dante’s Inferno: Narrative Structure, Topography and Manuscript Design’, Artibus et Historiae, 32 (1995), vol. 16, pp. 163-201
Il censimento illustrato
Nell’aprile 2021, in occasione del centenario dantesco, il Consortium of European Research Libraries (CERL) ha cominciato un progetto di censimento illustrato di questa edizione, finanziato dalla Fondazione Polonsky. Appurato il numero degli esemplari censiti nelle banche dati ISTC e GW, 166 volumi preservati in 130 biblioteche del mondo, si è cominciato dal contattare ognuna di queste con la richiesta di fornire non solo informazioni sulla storia dell’esemplare in loro possesso, ma anche immagini di segni di provenienza ed uso: legatura, decorazione, note di possesso, ex-libris e timbri, e note marginali o interlineari. Il network del CERL è stato fondamentale nel successo dell’operazione, che straordinariamente si è svolta e conclusa nell’arco di tre mesi (aprile-giugno 2021), ed è arrivata a includere 180 esemplari da 135 biblioteche. La possibilità da parte di biblioteche con una limitata competenza sul libro antico italiano di mandare immagini e lasciare a noi la loro interpretazione e ricerca storica è stata determinante nell’adesione quasi totale di tutti gli istituti di conservazione coinvolti, si pensi per esempio alla Loyola Marymount University di Los Angeles, alla Meiji University Library di Tokyo, o a quella della Biblioteca Nazionale della Bielorussia.
Collezioni private ancora non censite in ISTC e GW, venute alla nostra attenzione, sono in genere state contente di partecipare al censimento, per esempio la Biblioteca del Castello di Castiglione del Terziere, o la collezione di Livio Ambrogio a Milano.
Marina Venier si è occupata dei rapporti con le biblioteche e della raccolta dei dati e delle immagini; Camilla Marangoni ha curato l’immissione dei dati nel database Material Evidence in Incunabula (MEI), il caricamento delle immagini nel Provenance Digital Archive (PDA) del CERL e delle illustrazioni nel database 1516; Venier e Marangoni hanno inoltre preparato il testo della pagina web e selezionato i versi del video ‘Botticelli interprete di Dante’.
Le schede MEI sono state completate anche con riferimenti alla bibliografia specialistica legata a questa edizione particolare con un numero variabile di incisioni, e cioè il lavoro di Arthur Hind e di Paolo Procaccioli.
Questo progetto di ricerca, reso possibile da uno sforzo collettivo coordinato dal CERL, viene offerto come modello della possibilità che oggi abbiamo di fare dei censimenti illustrati che offrano una comprensione della distribuzione e dell’uso che si è fatto, fra i contemporanei e nei secoli successivi, di una certa edizione, oppure opera, autore, o produzione di una tipografia. Ricerca che in passato ha occupato per decenni la vita di uno studioso – si pensi ai 30 anni spesi da Owen Gingerich nel censimento degli esemplari del De Revolutionibus di Copernico – e che oggi possono invece essere l’oggetto di un master o dottorato o, come nel nostro caso un po’ eccezionale, il lavoro intenso di pochi mesi. Possiamo oggi produrre più facilmente questo genere di ricerca, scientificamente importante e affascinante per il pubblico, grazie all’attenzione ai dati di esemplare nella catalogazione, alle digitalizzazioni, alla creazione di strumenti digitali per la raccolta integrata dei dati e di immagini come MEI e il PDA, alla facilità della comunicazione tramite email, e al senso di comunità alimentato da associazioni come il CERL, comunità di intenti e di fatto, fra biblioteche, e fra biblioteche e ricercatori universitari.
Alle biblioteche che hanno condiviso con tanto entusiasmo le loro collezioni in questo censimento illustrato, e a tutti i lettori di Dante, è dedicato il Polonsky Foundation Dante Project.
Cristina Dondi, Secretary of CERL
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